SATANIC CORPSE – Ashen Light Of Darkness

Satanic Corpse è una one man band black metal dietro al quale troviamo l’americana Belita Adair….. ebbene si una donna! Anche se in alcune parti di batteria questa si appoggi al drummer Pazuzu. La band si forma nel 2006 ed arriva ad oggi con questo ‘Ashen Light Of Darkness’, lavoro apprezzato nel profondo underground black metal estero e quasi sconosciuto in Italia. Bene partendo con l’esame del prodotto ci si ritrova come intro la strumentale ‘Death Comes On The Wings Of Early Morning’, dove la nostra crea atmosfere tristi con l’utilizzo dei soli pianoforte e sinth. Melodia ed atmosfera riescono nel loro intento di rendere l’idea di oscurità, ma a causa della durata di quasi cinque minuti si arriva ahimè alla noia. Ma si arriva in piede di guerra con ‘Hail The Beast’, titolo, oltretutto, che esplicita la credenza satanica della musicista. Il genere è un black metal diretto e senza alcun compromesso. La voce della singer si alterna tra parti parlate e scream urlati, come una bestia in catene che vuole ribellarsi, inserendo inserti di messe nere alla fine. La prima pecca che salta all’istante all’orecchio è la produzione davvero scadente, una situazione che sfiora
spesso la confusione. I riff di chitarra sono abbastanza gelidi e taglienti, ma con pochissimi bassi a coadiuvare le frequenze alte l’ascolto potrebbe risultare parecchio fastidioso. ‘Dust To Dust’ praticamente è simile al pezzo precedente. Solo che in alcune parti sembra che salti il cd. Peccato che il suono risulti un impastato non facendo godere dell’operato della musicista. Poichè il lavoro, come idea non è male, seppur non viene fatto nulla per personalizzarsi, ma ormai è risaputo che in questo ambito è una cosa che importa a pochissime band. Le parti parlate con cadenza oscura danno l’idea di industrial, inteso come flavour e non come influenza musicale, che sia chiaro! ‘Dark Messiah’ sembra calmare le acque con mid tempos e riff chitarristici presi in prestito direttamente dalla scuola norvegese dei primi anni novanta, ma anche come produzione, con la differenza che a quei tempi in norvegia molte band registravano male per la scarsità economica (detto dalle band stesse in varie interviste), mentre oggi giorno vedo produzioni simili solo per atteggiarsi a cult band underground, a mio avviso. Vada per il minimalismo ed i suoni scarni e crudi, ma registrare come se sembri registrato in cassetta col registratore la trovo un esagerazione. Il pezzo arriva facilmente alla noia se lo si accinge ad ascoltare applicatamente, mentre messo di sottofondo durante altre attività potrebbe passare tranquillamente non arrivando in pieno alla noia.E preciso che dura poco più di sette minuti ripetendosi di continuo, ma non creando quelle emozioni e sonorità avvolgenti che invece riesce a regalare il funeral doom con durate più sostanziose.
Fondatore di Suoni Distorti Magazine e motorheadbanger.