METALLICA – Master of Puppets
Le prime note arpeggiate di Battery aprono le danze per uno dei brani più veloci e cattivi mai registrati dai Metallica, qui all’apice del proprio splendore quantomeno in termini di inventiva e perizia tecnica. Si tratta ovviamente di “Master of puppets”, espressione di thrash metal di chiara derivazione dai classici nonchè uno dei dischi più amato da pubblico e critica – Scaruffi scriverà, a proposito dell’innovazione introdotta, di “acrobazie incendiarie infilate un po’ dappertutto come atti di terrorismo guerrigliero“. Del resto questo album è uno di quelli che ha visto la nascita di uno dei migliori brani in assoluto scritto da Hetfield e soci (la title track), splendido compromesso tra tecnica esaltata all’ennesima potenza e testo estremamente elaborato, tutto questo anni prima che il virtuosismo diventasse un mero “specchietto per le addole” per troppi artisti del settore. È davvero incredibile constatare quanto possa essere funzionale l’accurato studio ritmico e melodico effettuato sui vari brani e come, al tempo stesso, il risultato finale si lasci guardare con così tanta “naturalezza” e senza forzatura: è il caso di brani immediati e di effetto quali “Disposable heroes” (che descrive l’orrore della guerra nell’ottica di un soldato letteralmente ingannato dal governo), che fanno il pari con la consueta vena intimista e nostalgica di “Welcome home(Sanitarium)” (la narrazione di un tentativo di rivolta di un gruppo di persone rinchiuse in un manicomio, sulla falsariga del celebre film “Qualcuno volò sul nido del cuculo“). Impossibile non citare “The thing that should not be“, imponente, maestosa e lugubre, nonchè di chiara ispirazione lovecraftiana – di nuovo, dopo le suggestioni della “chiamata di Cthulhu” del precedente lavoro. Dal canto suo, il disco presenta un ulteriore brano solo strumentale (Orion), forse quello relativamente più debole del disco, e si chiude sulla falsariga di Kill’em all presentando una sfuriata thrash priva di compromessi quale “Damage Inc.”, inno ferocissimo e velenoso all’indipendenza di pensiero ed alla ribellione agli stereotipi (Living on your knees, conformity / or dying on your feet for honesty). Master of puppets, con la propria simbologia legata alle mani di una marionetta con i fili rivolti verso le croci di un cimitero, che sembrano voler simboleggiare il conformismo della massa (politico e non solo), ha tracciato un solco dal quale nessuno, nè band nè critica nè pubblico, dovrebbero prescindere. In definitiva un capolavoro del genere, uscito nello stesso anno di Reign in blood, con il quale condivide pero’ solo alcuni aspetti: uno dei dischi fondamentali nella storia del thrash metal e della musica più in generale.
Ingegnere per passione, consulente per necessità, insegno informatica. Secondo capo-redattore e supporto tecnico di SDM.