LEGACY – First Assault
Diciamoci la verità: la libertà è un concetto tanto bello da essere maledettamente astruso forse proprio perché è impossibile da raggiungere ormai per ogni essere umano. Dal punto di vista politico la si può rigirare come si vuole: per esempio per i nazi-fascisti ha a che fare generalmente con il concetto di Nazione e di Razza mentre per i loro storici rivali comunisti tutto ruota attorno al Lavoro. Ma l’utopia perfetta è probabilmente esclusiva della democrazia, che tenta di riunire la Parola e l’Unità nazionale quando in realtà (e di conseguenza) contano solo il dio denaro e/o i piaceri interessati. Per altri invece (come me) la libertà appartiene soltanto agli uomini cosiddetti primitivi, come gli Indiani d’America prima che fossero sterminati dalla civiltà occidentale avanzante, che da loro ha saputo sviluppare la farmacologia moderna, attraverso specialmente la tribù degli Irochesi gli Stati Uniti hanno sviluppato il proprio sistema democratico attuale. Solo che gli Indiani sapevano cosa mangiavano veramente e con cosa chi curavano. Ma adesso?
Guarda caso ai Legacy premono così tanto i massacri etnici (nel caso specifico quello degli
Ebrei) da aver messo sulle pagine del libretto di “First Assault” sia una panoramica di un campo di concentramento nazista sia un’agghiacciante foto di cadaveri a brandelli tutti ammassati fra di loro. E poi, tematica cara a questo genere di gruppi, eccovi anche un fungo atomico, simbolo di una paura che volenti o nolenti esiste ancora.
Da tutte queste considerazioni e dal titolo stesso del loro disco, dovrebbe essere già ovvio che ci troviamo di fronte a 5 ragazzi che amano suonare thrash metal. Un po’ sui generis, è vero, ma è pur sempre thrash metal, anche se spesso filtrato attraverso influenze che lo nobilitano rendendolo più raffinato di quanto facesse pensare la copertina. Infatti, i Legacy, oltre ad esternare un’ottima tecnica, sono riusciti a combinarla ottimamente con un bel pacco di potenza utilizzando fra l’altro questi due aspetti con una valenza strategica a dir poco invidiabile. E soprattutto senza mai dimenticare una capacità continua di stupire l’ascoltatore con il chiaro obiettivo di democratizzare il discorso melodico rendendo praticamente partecipi tutti gli strumenti.
In parole povere, la musica quivi contenuta rimanda spesso ad un thrash metal progressivo che a dir la verità si esplica col passare dei pezzi, i quali pian piano diventano sempre più complessi e sperimentali. Ma anche curiosamente sempre più pulito e potente sotto il profilo della produzione. Infatti, nell’ordine:
“Puryfire” è sostanzialmente da ritenere come il pesce fuor d’acqua dell’intera opera. Prima di tutto, strutturalmente parlando si basa su un classico schema a strofa – ritornello nel quale nella seconda parte della formula prendono posto addirittura voci pulitissime e oserei dire smielate, un esperimento che poi nel disco non verrà più ripreso. Di conseguenza, è la canzone più melodica del lotto, a parte la voce che generalmente in tipico stile thrash metal è irriverente anche se non statica (qui e là fanno capolino veri e propri grugniti per esempio), contando inoltre influenze dal death metal svedese in versione appunto melodica. Però, oltre ad essere il brano formalmente meno riuscito (qua i Legacy hanno un approccio alla materia abbastanza convenzionale anche per quanto riguarda il tipo d’intensità e quindi la capacità di stupire l’ascoltatore), lo è soprattutto dal punto di vista qualitativo. Considerazione che va fatta almeno quando il gruppo cerca di riprendere il ritornello in maniera a dire il vero forzata, ossia senza presentare un autentico ponte che giustifichi un ritorno così troppo brusco (una mancanza che poi i nostri “aggiusteranno” brillantemente);
con “Human’s Hypocrisy” il discorso diventa più serio, preparato e – perché no? – anche personale. La struttura di tale pezzo è infatti meno tradizionale e quindi più libera di quella di “Puryfire”, anche perché stavolta si assiste ad un discorso musicale che a poco a poco diventa sempre più veloce, seppur non in maniera esattamente graduale. Non a caso, l’episodio si conclude improvvisamente in un modo molto convincente e d’effetto. Conclusione che si può giustificare ampiamente prendendo in considerazione non solo una cupezza che finalmente prende piede nonostante certe raffinatezze melodiche di stampi più heavy metal, ma anche per la prestazione eccezionale di una batteria dinamica che riesce ad enfatizzare ottimamente tutto il resto. Da menzionare il lavoro vocale che, se non perfetto nella costruzione delle metriche, riesce a destare stupore soprattutto per certe urla pulite ma lontane, abili a soffocare un climax che stava arrivando un po’ troppo presto (e che quindi non era ancora ovviamente nella testa dei nostri);
“Inside My Mind” è la perfetta sublimazione del thrash metal progressivo di marca Legacy: più o meno tutti gli strumenti hanno un ruolo melodico, compreso il basso che si immola anche per far da ponte fra una soluzione e l’altra, la chitarra solista è diventata finalmente una protagonista stupenda (2 assoli ed un lavoro di sostegno alla chitarra ritmica mai banale e persino quasi serpentina e orientaleggiante nel finale), mentre si sperimenta addirittura sulle sonorità degli stessi strumenti (per esempio quando uno dei due chitarristi lascia strisciare letteralmente il plettro su una corda creando così un effetto estraniante) lasciando ben presagire un finale – bomba; Che lo è in parte, dato che per l’altra metà si avvale di una scelta poco comprensibile riguardante il comparto vocale che però a sua volta appare quasi giustificato dal riffing stesso. Infatti, è incredibile come, partendo da un pezzo decisamente melodico, si sia finiti a costruire un brano dal piglio “ignorante” e beffardo che in certi momenti deve al post – thrash a là Exhorder/Pantera, soprattutto per quanto concerne la voce che fa il verso a Phil Anselmo. Insomma, non capisco proprio quest’improvviso cambiamento stilistico della voce che, per quanto qualitativamente ottimo, risulta praticamente isolato dal resto del disco che per giunta regala un po’ di confusione all’ascoltatore, ormai incapace di considerare in maniera precisa e univoca un gruppo che paradossalmente e nonostante tutto in “Fist Assault” si ritrova a sviluppare in modo ancora più coraggioso ed estremo il discorso della canzone precedente. Fra l’altro il gran finale è pure l’episodio più lungo di tutto il lotto (quasi 7 minuti), e ciò specialmente a causa di un consistente spezzone presumo fatto in casa ricco di silenzi ma neanche privo di fragorosi rotti thrashettoni. Ma il limite del disco rimane: ascoltando questo disco si ha sempre l’impressione di assistere alla stessa crescita musicale del gruppo, che così facendo ha creato un qualcosa di dispersivo nonostante certe caratteristiche peculiari sviluppate soprattutto a partire da “Human’s Hypocrisy” (prima fra le quali l’equilibrio fra i tempi veloci e quelli più lenti). Adesso, anche dato il forte impatto emotivo della loro musica (da questo punto di vista sono stupendi gli assoli), l’obiettivo che i Legacy devono raggiungere è la chiarezza degli intenti, perché ora come ora in non poche volte sembra di ascoltare tutto un altro gruppo, inficiando così inoltre la notevole personalità che spesso questi ragazzi sanno dimostrare. Ma sono giovani (non che io sia vecchio, beninteso…), quindi diamo tempo al tempo.
Punto di forza del disco:
Sicuramente la complessità della musica, sia per quanto riguarda la sua struttura sia considerando la voglia di giocare e quindi di osare che i nostri si ritrovano. Un’altra cosa sicura è che questa caratteristica non è stata sfruttata completamente in tutto il disco, e quindi è da sviluppare ed affinare notevolmente.
Canzone migliore dell’ep:
Con un po’ di rammarico “Inside My Mind”.
Band: Legacy
Titolo: First Assault
Anno: 2011
Etichetta: Nessuna
Genere: Thrash Metal
Nazione: Italia
1- Puryfire
Fondatore di Suoni Distorti Magazine e motorheadbanger.