SLAYER – South of Heaven

Quando si parla del sound tipico degli Slayer, South of heaven entra di diritto in qualsiasi discussione in merito: questo credo che sia il dato più importante, al di là delle preferenze che ogni fan potrà esprimere. Strano, comunque, che la band si sia trovata a realizzare un disco del genere ed a caratterizzare il proprio sound in questi termini, forse più “easy listening” rispetto alla produzione del settore e con il capolavoro precedente, Reign in blood, ancora oggi ineguagliabile sotto ogni punto di vista.

Partiamo dalle informazioni più enciclopediche, ovvero che South of Heaven è il disco numero quattro della nutritissima discografia degli Slayer, pubblicato nel “lontano” 1988 dalla Def Jam Recordings. Si tratta di un thrash metal che diventerà “tipico” per la band, caratterizzato da parte delle sonorità sulfuree e tenebrose di Hell Awaits, seppur diminuendo il ritmo e rendendolo, se è lecito usare un termine del genere per la band in questione, quasi “riflessivo”. Questo ovviamente non ci risparmia dalle autentiche mazzate del disco (la title track che dovrebbero conoscere praticamente tutti, la splendida ed evocativa Ghosts of war accoppiata con Read Between the Lies, ma anche Behind the Crooked Cross – con cui sembrarono voler “chiarire” la propria posizione sul nazismo, tanto criticato in Reign in blood). Un po’ deboli, nel contesto del lavoro, brani come Cleanse the Soul e la cover dei Judas Priest “Dissident Aggressor“, ma South of heaven rimane lì, tenebroso ed incalzante nel suo incedere, a formare uno dei dischi thrash metal forse più agevoli (e se vogliamo addirittura melodici, altra parola a forte rischio scomunica) mai sentiti nella storia. Perla finale, la leggermente monotona Spill the blood, un brano che si sforza di mostrare qualcosa di diverso nel repertorio degli Slayer, ed in cui forse è la prima volta in assoluto in cui sentiamo un arpeggio in un disco della premiata ditta Araya e Co.