RAGE AGAINST THE MACHINE – Rage Against The Machine
Una delle band più apertamente rivoluzionarie della storia del rock dagli anni 90 in poi apre le danze nel lontano 1992 con la Epic, all’interno questo disco omonimo che riassume, tra le altre cose, l’attitudine guerrigliera derivante dall’hardcore punk unica ai testi sovversivi del movimento hip-hop. Probabilmente nel momento in cui quest’ultimo stava in parte perdendo parte della propria verve polemica per diventare, seppur con lodevoli eccezioni, un genere “commerciale” quasi per definizione, Zack De La Rocha e soci sembrano emergere minacciosamente dal sottosuolo. E lo fanno proponendo un’attitudine prepotentemente rock’n roll – scrissero nel booklet “no samples, keyboards or synthesizers used in the making of this record” – sia con idee musicali davvero molto valide, costituire da un intensissimo groove di fondo che ricalca due tendenze fondamentali: la derivazione hardcore punk, prima ancora di quella rap (o rap metal che dir si voglia), piuttosto evidente dal riff accattivante di “Take the power back” o dala celebre “Wake Up” che chiude il primo film della trilogia di “Matrix“, unita allo spirito più classicamente hard-rock (l’iniziale “Bombtrack”, la ritmica pesantemente rallentata di “Settle for nothing” o il capolavoro “Bullet in the head“) definisce una band che, in ambito underground, diventerà per diversi anni simbolo del rock “da combattimento”, schierato politicamente contro le politiche occidentali e fortemente critico verso il capitalismo (non solo) USA. A questo aspetto si uniscono le invenzioni “rumoristiche” di un chitarrista come Tom Morello, capace di produrre sonorità nuove e sperimentali – e questo senza essere propriamente un “virtuoso” – e fu capace di concepire egualmente assoli straordinari (ancora una volta devo citare “Settle for nothing“). Ovviamente l’approccio “in the face” scelto da questa band la rende per l’epoca prosecuzione ideale, almeno dal punto di vista musicale, dell’hardcore ottantiano americano di Cro-Mags o Suicidal Tendencies; si tratta di un disco che non fu esente da critiche, soprattutto – per non scrivere solo – di matrice politicamente avversa, o legata all’accusare qualunquisticamente i RATM di non essere sinceri. Comunque stiano le cose questo esordio della band è probabilmente uno dei fenomeni più interessanti, dal punto di vista musicale, degli anni novanta, e fu capace di surclassare sia un metal all’epoca frequentemente “ammorbidito” (Metallica) che fenomeni collaterali di rock fin troppo strombazzati (Nirvana).
“America touts itself as the land of the free, but the number one freedom that you and I have is the freedom to enter into a subservient role in the workplace. Once you exercise this freedom you’ve lost all control over what you do, what is produced, and how it is produced. And in the end, the product doesn’t belong to you. The only way you can avoid bosses and jobs is if you don’t care about making a living. Which leads to the second freedom: the freedom to starve”. (T. Morello)
Ingegnere per passione, consulente per necessità, insegno informatica. Secondo capo-redattore e supporto tecnico di SDM.