MINISTRY – Psalm 69: The Way to Succeed and the Way to Suck Eggs
Episodio numero cinque della saga targata Ministry, per la prima volta fa emergere un’anima prettamente metal all’interno di un disco ossessivo, convulso e martellante, che vanta una produzione leggermente superiore ai precedenti, e con il contributo evidentissimo del chitarrista Mike Scaccia (che aveva suonato con Jourgensen nel precedente tour del disco The Mind Is A Terrible Thing To Taste). Sul curioso titolo – in origine ΚΕΦΑΛΗΞΘ ovvero ΚΕΦΑΛΗ “mente” e ΞΘ (69) in greco, scritto con caratteri maiuscoli – c’è da dire che l’ispirazione è legata agli scritti di Aleister Crowley: il passaggio The way to succeed and the way to suck eggs, ovvero “come avere successo e succhiare le uova“, ove il doppio senso è chiaramente di natura sessuale, mentre “the way to succeed” richiama foneticamente, ad esasperare l’allusione, “The way to suck seed” (“come succhiare il seme“).
Ad di là di NWO – brano relativamente ritmato che campiona un discorso di Bush, stabilendo l’origine di un’autentica ossessione, fatta di mera avversione politica, sia contro Presidente degli USA di allora che, forse soprattutto, contro il figlio – bisogna segnalare Just One Fix, uno dei migliori brani del disco, che delinea uno stile martellante e basato su una batteria in quattro quarti semplice ed essenziale, con l’alternanza tra la voce velenosa (e distorta elettronicamente) di Jourgensen e le brevi note di Scaccia, a formare un anthem apocalittico come pochi, per quanto leggermente ripetitivo nel suo incedere. Ed è proprio questa ripetitività ad essere, a bene vedere, il principale punto di debolezza di un album non perfetto, per quanto notevole solo in determinati episodi: TV II, ad esempio, è composto da excerpt intervallati e fatti di blast beat, degno più di un pezzo grindcore che industrial, mentre completano il quadro Jesus build my hatrod (un brano che avrebbe potuto far parte di Antichrist Superstar) , la mazzata industrial-sinfonica Psalm 69 e Scare Crow (rallentato, basato su un arpeggio distorto, e dall’aria decadente e cibernetica al tempo stesso). Il resto del disco, per quanto suggestivo e ricco di riferimenti – si citano apertamente Burroughs ed alcune frasi di Hellraiser e Velluto blu, ma anche di Suspiria e de Il pozzo ed il pendolo – tende un po’, a mio avviso, a far smarrire l’ascoltatore (Corrosion sembra tratto dal precedente lavoro, mentre Grace è un agglomerato industrial di suoni laceranti e spaventosi, quasi completamente estraneo al feeling generale del lavoro). Certamente uno dei maggiori successi commerciali dei Ministry, paradossalmente senza concedere troppo in termini di commerciabilità, al tempo sulla via della consacrazione definitiva come icone del genere.
Ingegnere per passione, consulente per necessità, insegno informatica. Secondo capo-redattore e supporto tecnico di SDM.