MARILYN MANSON – The Golden Age of Grotesque
The Golden Age of Grotesque è uscito nel 2003 per la Nothing Records/Interscope Records, e venne lanciato dai due singoli-bomba “This Is the New Shit” (che ha fatto parte della colonna sonora di Hatchet) e da “mOBSCENE” (con il suo ritornello di voci femminili che impersonificano una sorta di cheerleader con un grottesco “Be obscene, be, be obscene…“). Questo quinto lavoro dei Manson segna in larga parte un ritorno alle sonorità più aggressive degli esordi, per quanto viva su uno scenario che non è affatto autoreferenziale, bensì caratteristico di chi sa reinventarsi disco dopo disco: rifacendosi all’immaginario della Germania anni 30, Manson prende gran parte delle tematiche dal libro di Mel Gordon Voluptuous Panic: The Erotic World of Weimar Berlin. A livello di concept, come in Mechanical Animals, si sviluppa una duplice storia: da un lato la storia di un cantante punk profeta del no-future che invita a vivere al massimo, dall’altra la contraddizione palese nel voler attuare propositi del genere, capaci di portare ad un necessario compromesso (rendersi commerciabili) ovvero finire di proclamare un sostanziale “rebel to sell” (ribellarsi, ovvero far finta di farlo, allo scopo di vendere copie: ciò viene espresso nella ferocissima The Bright Young Things in cui Manson afferma: We know who we are and what we want to say, And we don’t care who’s listening, We don’t rebel to sell, It just suits us well, che culmina nell’ossessivo mantra “Perpetual rebellion with absolutely no cause”). Un aspetto che Manson, come pochi altri artisti di mia conoscenza, è riuscito a sviluppare in modo molto lucido e cinico, proprio mentre egli stesso, di fatto, è parte di quel mondo contraddittorio e trasgressivo spesso solo di facciata.
Il capolavoro del disco, di fatto, rimane proprio quel “The Golden Age of Grotesque” che da’ il titolo all’album, e nel quale Manson alterna la propria voce normale con un inquietante falsetto, che caratterizza sonorità meramente teatrali come difficilmente avveniva in passato. Anche l’ascolto della celebre “Tainted Love“, di fatto, con il suo incedere aggressivo e decadente al tempo stesso, testimonia una maturità raggiunta dalla band davvero notevole, al di là delle apparenze e delle critiche un po’ facilone che gli sono crollate addosso in questi anni. “The Golden Age of Grotesque” fa parte della produzione migliore del Reverendo, e ciò è testimoniato dalla presenza di brani molto intensi e mai ripetitivi, capaci di renderlo uno dei lavori da ascoltare con maggiore attenzione assieme ad Antichrist Superstar. Anche brani più “commerciali”, neanche a dirlo date le tematiche del disco, come Ka-boom Ka-boom o (s)AINT, non fanno che completare un quadro fatto di decadenza in chiave moderna (e dall’estetica in parte steampunk) molto originale.
“Il brano (mOBSCENE, ndr) mi venne ispirato da una citazione di Oscar Wilde, riguardava la circostanza in cui le donne dovrebbero essere oscene e non ascoltate, o qualcosa del genere (l’origine della citazione è controversa, alcuni la attribuiscono ad una battuta di Groucho Marx – Women should be obscene and not heard – senza dubbio è un’affermazione che gioca sull’assonanza tra le parole SEEN, viste ed OBSCENE, oscene), mi sembrava bizzarro che un’opinione del genere fosse pronunciata da un gay, lo trovavo divertente.” (B. Warner, rock1023)
Ingegnere per passione, consulente per necessità, insegno informatica. Secondo capo-redattore e supporto tecnico di SDM.