CANNIBAL CORPSE – A Skeletal Domain

CANNIBAL CORPSE – A Skeletal Domain

Cannibal CorpseOggi parliamo di ‘A Skeletal Domain’, nuovo disco degli americani Cannibal Corpse che, per quanto possa sembrare ovvia la modalità di revisione, posso assicurarvi che porta in se alcuni aspetti che fanno sì che l’operato si differenzi dalle precedenti uscite discografiche. Certo, lungi dall’affermare di ritrovarsi al cospetto di qualcosa di nuovo, poichè si resta sempre sul fatto che sia un disco dei Cannibal Corpse, forse il “solito album”, come molti direbbero (ed hanno affermato), ma se si ascolta meglio e con attenzione vi sono delle miscele sonore che portano su questa nuova opera brutale dei cambiamenti.

Uscito quest’anno per la Metal Blade Record, ‘A Skeletal Domain’ si pone, anzi tutto, con una nuova produzione. Si nota, infatti, il cambio della collaborazione di lunga data con Erik Rutan a favore del buon Mark Lewis (con relativo cambio di studio) per quanto riguarda soprattutto (ma non solo) la presenza più preponderante del massiccio Alex Webster, un bassista indubbiamente con la B maiuscola che si mostra sempre più agguerrito e in forma impeccabile – ma mai invadente.

Sicuramente per quanto riguarda le tematiche delle lyrics non troviamo alcuna forma di cambiamento… ma in fondo mi chiedo… chi vorrebbe i Cannibal Corpse intenti a parlare di altro, al di fuori di squartamenti, picconate nei crani e colpi di sega nelle budella? Ve li immaginate come cantori di vampiri, draghi volanti o donnine di facili costumi in party selvaggi a Los Angeles? Non credo proprio… anche se il termine “selvaggi” resta comunque, seppur in ambiti profondamente diversi!

Partendo dall’inizio dell’ascolto, ci si incammina in questo sentiero sonoro con il brano ‘High Velocity Impact Spatter’, dove, ahimè, devo ammettere che non sembra sia stato dato il massimo, seppur la composizione risulti di facile approccio, per quello che sono gli standard dei Corpse, ma forse manca quel mordente che possa far pienamente breccia, usualmente, nei fans della band.
Passando oltre si giunge a veri e propri colpi di machete senza alcuna pietà e in pieno volto – canzoni come ‘Sadistic Embodiment’ e ‘Kill or Become’, non che la title track, travolgono e faranno felici i vostri sistemi uditivi. Che vi posso assicurare non resteranno indenni.

Le caratteristiche della band ci sono tutte, dalle sfuriate psicotiche ai claustrofobici e monolitici rallentamenti, per riaccelerare repentinamente. Un suono d’impatto che non lascia nulla al caso, con un rinvigorito groove di fondo.

La base ritmica risulta “rinfrescata” con il basso di Webster, come citato prima, più presente del solito e sempre suonato con immensa maestria e coordinato al drumming ora trita sassi come il death metal brutale vuole ora più thrash oriented. Quest’ultimo presenta un Paul Mazurkiewicz orientato, stilisticamente, anche su qualche vecchia produzione, che ben si sposa con le nuove composizioni. Dunque una miscela di alcuni dei migliori momenti scorsi, partendo dagli esordi, e alcune innovazioni apportate che permettono l’alzamento di una tacca sulla scala di valutazione di ‘A Skeletal Domain’ rispetto alle passate uscite, fermo restando sullo stile che resta invariato, come già detto.

Non mancano, ovviamente, le rasoiate lanciate dalle asce di Pat O’Brien e Ron Barrett che utilizzano lo spazio a loro disposizione nel miglior modo possibile, riuscendo a muoversi bene tra le massicce cadenzate (in questo disco più oscure del solito) e le partenze a razzo con intrecci sonori di indiscutibile valore. Presenti anche assoli “schizzoidi” caratterizzanti del loro stile.

Dopo una rassegna di violenza e brutalità, mai fine a se stessa, presentata con la possente e graffiante voce del taurino George “Corpsegrinder” Fisher, per il quale sembra che il tempo non passa mai, si giunge alla conclusione con ‘Hollowed Bodies’. Il brano vi continuerà a tenere in tensione i padiglioni uditivi tra cambi repentini di tempo, dettati dal panzer Cannibal Corpse.

Ok ok, è un disco che potrebbe definirsi un classico della band, ma ascoltatelo come si deve prima di trarre conclusioni affrettate. Per quanto mi riguarda un piccolo passo in avanti di una band che resta capostipite di un genere in maniera del tutto indiscutibile.

Mi congedo con una frase azzeccatissima al contesto, seppur dal tono retorico: “I grandi sono tornati a ribadire chi è che comanda!” Vi voglio sempre più bene Cannibalacci che non siete altro!

A cura di Francesco “Chiodometallico” Russo

  • Band: Cannibal Corpse
  • Titolo: A Skeletal Remain
  • Anno: 2014
  • Etichetta: Metal Blade Records
  • Genere: Death Metal/Brutal Death Metal
  • Nazione: Stati Uniti

Tracklist:

  1. High Velocity Impact Spatter
  2. Sadistic Embodiment
  3. Kill or Become
  4. A Skeletal Domain
  5. Headlong Into Carnage
  6. The Murderer’s Pact
  7. Funeral Cremation
  8. Icepick Lobotomy
  9. Vector of Cruelty
  10. Bloodstained Cement
  11. Asphyxiate to Resuscitate
  12. Hollowed Bodies

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