A Vittorio Feltri non piace l’heavy metal. A Ivan Juric, invece, sì
Viviamo in un mondo in cui i siti di cinema parlano di come erano vestiti gli attori, i critici teatrali si soffermano sugli aspetti scenografici e mai nessuno, in genere, si concentra sulla sostanza: se si parla di un film, ad esempio, è raro che qualcuno provi a spiegare, ad esempio, gli intenti del regista nel farlo. Se si parla di musica, i punk sono quelli con la cresta e i metallari fanno musica altrettanto rumosa ma coi capelli lunghi. Del resto, signora mia: a chi piace la cotica, a chi la pajata. Just simple like that.
La sottovalutazione del pubblico “medio” rispetto a qualsiasi cosa abbia a che fare con la musica estrema o comunque alternativa (parola abusata e terrificante, per certi versi, ma è per capirci) è un classico di sempre, e lo sappiamo. Non è nemmeno il problema più importante del pianeta (Greta, nessuno vuole sminuirti), ma sicuramente da questo atteggiamento superficiale deriva il fatto che le sottoculture vengano tutte, indistintamente, brutalmente ignorate dai più. Ed è questo il punto cruciale, secondo me. Non meraviglia, pertanto, se un giornalista tra i più famosi in italia scomodi paragoni un po’ scomposti sul nostro genere preferito.
Feltri, tanto per fare un esempio che ha fatto rumore (neanche a dirlo) nell’ambiente in questi giorni, durante un’intervista in cui parlava di Ivan Jurić (allenatore del Verona, per inciso, nonchè metallaro della prima ora), ha affermato:
Juric […] solo per una cosa (ma sarà una questione di generazione) mi lascia perplesso. La sua passione per un genere musicale che ho chiesto mi facessero ascoltare e trovo sia quanto di più esecrabile le mie orecchie abbiano mai subìto: l’heavy metal, che ho trovato particolarmente ignobile in gruppi che lui ama, come i Napalm Death. È come se vi chiudessero a tradimento in una scatola di lamiera e una dozzina di energumeni molto motivati ci picchiassero sopra con delle sedie.”.
Esecrabile: che parola espressiva, quanto poco utilizzata. Ma è importante perchè esprime comunque un punto di vista, poco o tanto importante non sta a me dirlo. Vittorio Feltri che parla dei Napalm Death (tggialloblu.it) è una scena che, a mio avviso, mai avremmo osato immaginare, nemmeno in un meltin pot sotto allucinazioni – o ubriachi come una pigna durante un concerto di quelli ignobili-ignobili. Un’associazione mentale di cui forse nessuno sentiva il bisogno (mi permetto di pensare), anche se bisogna affrontare la realtà. Sì, è successo davvero, e in tanti se ne sono accorti.
Per fortuna il mister Juric, tra i pochissimi sportivi italiani apertamente fan del genere (almeno, che io sappia), ha le idee un po’ più chiare sull’argomento. E ce lo godiamo tutto, riportando le parole di una celebre intervista alla rivista Rolling Stone di qualche tempo fa, quando era sulla cresta dell’onda come allenatore del Crotone.
Ho cominciato a 14 anni con Metallica e Megadeth, poi sono passato a cose più aggressive. Il death metal è la mia passione, band come Napalm Death, Obituary e Carcass, artisti veri. Non mi piace il nu metal. I nuovi gruppi death sono senza sentimento, pensano solo alla velocità. ‘Kill’em All’: mi ha cambiato la vita. I primi quattro dischi dei Metallica sono tutti bellissimi, quelli dopo no, ma ‘Kill’em All’ è il disco più grande. Poi ‘The Sound of Perseverance‘ dei Death: Chuck Schuldiner è un artista assoluto. E ovviamente ‘Leaders Not Followers 2‘ dei Napalm Death. Mi sono sempre piaciuti i Ministry, anche se non sono una band di metal classico, e il loro live ‘In Case You Didn’t Feel Like Showing Up’. La prima volta che li ho sentiti mi hanno toccato profondamente. (fonte)
Sorvoliamo sulle problematiche formali legate a ciò che scrive Feltri (che non è un giornalista musicale, ma è pur sempre un giornalista: quindi ha senso, almeno un minimo sindacale, discuterne): in fondo, se ci pensate, il fatto che parli di heavy metal (e non di grindcore: bastava una ricerchina su Wikipedia), il fatto che usi un paragone fondamentalmente macchinoso, è un “già sentito” – che manco il nuovo disco dei Manowar. Nulla di più problematico del dare in pasto alla folla un paragone inadeguato, l’ennesimo, poco elegante, inutile e che non aggiunge nulla alla discussione eterna sull’argomento. Serve solo a far ridere le persone superficiali, magari, e naturalmente a far scrivere a me editoriali del genere.
Sono andato tre volte a vedere i Napalm Death e pogando rischiavo sempre di farmi male. Una volta mi sono detto ‘faccio il bravo e ascolto solo il concerto’, ma dopo mezza canzone ero già nel pit. L’anno scorso sono andato a vedere i Soulfly a Milano e buttandoti nel pit rischi davvero (I.Jurić)
Peraltro, anche se fosse stata una battuta, avrebbe fatto ridere soltanto quelli che trvovino vrisibile (cit. Monty Python, ovviamente) nominare i Napalm Death, come emblema di musica qualunquisticamente “rumorosa”, o perchè il nome magari per loro è buffo (?) o ancora, con discreta probabilità, non sanno manco chi siano. Il metal nelle sue infinite declinazioni, del resto, ha sempre provocato reazioni scomposte in ogni dove, e non meraviglia che continui a farlo oggi. E meno male che, dicevano, sta passando di moda…
Il nome Napalm Death qualcuno lo tvova visibile.
Forse non c’è neanche da scaldarsi troppo, a mio modesto avviso, lanciando inutile improperi contro Feltri: l’unica cosa da fare è quella di progredire nello sforzo di far conoscere il nostro mondo al resto delle persone, superando la ghettizzazione che, negli anni, ha portato nomi storici a diventare “termini di paragone”. Anche grazie a film divertenti, popolari ma sostanzialmente sciagurati come Ace Ventura, in cui Jim Carrey andava ad un concerto dei Cannibal Corpse (sperabilmente senza fare propoganda anti-vaccini, speriamo).
Al netto di questo, ovviamente, l’uscita del giornalista rimane confinata nel mondo dell’evitabile, ed in nome di una maggiore castità intellettuale, inviterei Feltri a provare ascoltare gli Stratovarius, al limite, o magari gli Agalloch – e a ricredersi: cosa improbabile, ma ci tocca scriverlo. Na robetta più leggera, insomma.
È come se vi chiudessero a tradimento in una scatola di lamiera e una dozzina di energumeni molto motivati ci picchiassero sopra con delle sedie
Tutto sommato è quasi una bella recensione, c’è da riconoscerlo.
E adesso ci ascoltiamo John Zorn e Naked City, ok?
Ingegnere per passione, consulente per necessità, insegno informatica. Secondo capo-redattore e supporto tecnico di SDM.