Vi presentiamo i NOISE IN MYSELF, giovani ma decisi
Di recente i giovanissimi Noise In Myself (l’età dei membri va’ dai 13 ai 17 anni) hanno pubblicato l’omonimo album di debutto. Siamo stati attratti dalla loro attitudine e dalla loro genuina voglia di fare e di dire la propria, quindi il nostro Luca Truzzo ha colto l’occasione per “catturare” questi giovani musicisti provenienti dalla Svizzera italiana e sottoporli ad una serie di domande.
Ecco quanto si son detti…
Partiamo da un fatto, ormai strano nel mondo del rock e del metal… dei giovani ragazzini scelgono di creare una band facendo buona musica, senza seguire le mode musicali attuali. Come è nata la vostra band?
La band nasce prima da un sogno, poi da un’idea in infine in un progetto di Enea Maina, che inizia a scrivere testi e a comporre riff con l’insorgere della pandemia di Covid-19. Il primo lockdown è stato utilizzato da parte sua anche per ricercare dei musicisti coetanei. Ci sono voluti diversi mesi per arrivare a completare la formazione della band, ed altri ulteriori mesi in cui le misure pandemiche ci hanno impedito di provare tutti assieme.
Da poco è uscito il vostro primo omonimo album, parlatecene un pò!
Come debut album non abbiamo voluto dare un titolo ma il nome della band stessa (“rumore dentro di me”). Si tratta di 10 tracce in cui ognuno dei brani ha un determinato sfondo musicale, un ambiente e, speriamo, possa suscitare delle emozioni specifiche e contrastanti. Abbiamo cercato di portare i testi ad una dimensione poetica, in cui non mancano le denunce.
I riff cercano di fondere generi metal a generi più legati al mondo del rock alternativo. Questo consente a Martina di poter dare il suo meglio con le sue caratteristiche vocali. I pezzi possono comprendere l’utilizzo della chitarra acustica e in un brano Martina si cimenta con il suo strumento che porta avanti agli studi, il flauto traverso. Questo strumento sta affascinando tutti, abbiamo già in cantiere alcuni pezzi nuovi in cui siamo intenzionati a inserirlo ancora.
È stato difficile realizzarlo con tutti i limiti imposti dalla pandemia?
La pandemia ci ha lentamente eroso, come detto non ci siamo potuti trovare e perfino conoscere per mesi. Abbiamo lavorato a parte dei pezzi a distanza. Queste limitazioni hanno però anche creato dei legami forti ed alimentato la creatività, la motivazione e la determinazione.
Ad ascoltarlo si rintracciano spunti musicali molto diversi, come mai avete optato per tutta questa varietà di soluzioni?
In effetti è proprio così. Enea, ma anche gli altri ragazzi, hanno gusti musicali diversi e ampi. I pezzi sono nati in maniera molto spontanea, hanno trovato il modo di armonizzarsi includendo diversi generi e dando una certa lunghezza a la maggior parte dei brani. In fase di arrangiamento ci piaceva l’idea di “rompere certe barriere” che il mondo musicale spesso si costruisce un po’ inconsapevolmente. In un certo senso abbiamo messo un po’ in crisi anche chi ci ascolta, in special modo i molti puristi del metal. Ma in definitiva questo è un processo che ha soprattutto a che fare con la ricerca di noi stessi, ci piace e risulta appagante poiché ognuno di noi contribuisce in fase di arrangiamento.
Quali sono le influenze che hanno formato il vostro sound?
Un po’ per proseguire con la domanda precedente, i brani sono un tentativo di conciliare il mondo metal e il mondo del rock alternativo. Una sorta di terra di mezzo in cui le influenze sono davvero tante, ma spesso legate agli anni 90 e ai primi anni 2000: trash metal e nu metal da un lato, post punk, grunge e new wave dall’altro. I cambi di ritmo e l’utilizzo dell’alternanza delle chitarre (da distorto ad armonico) cercano di legare il tutto.
Le band che hanno influenzato i riff di Enea sono moltissime, potremmo citarne alcune: Machine Head, System of a Down, Tool, Anathema, Porcupine Tree, Soundgarden, Alice in Chains, Opeth, Bauhaus. Ma sicuramente dimentichiamo qualcuno!
La canzone “Stuck at home”, è cantata in francese, come mai avete scelto di cantarla in questa?
È stata una scelta che è avvenuta a brano ultimato (abbiamo voluto lasciare il titolo in inglese). La lingua francese è una lingua dolce e malinconica, si adatta bene all’ambiente del testo e alla chitarra acustica. Martina Pedrotti è stata subito entusiasta dell’idea, adora cantare in questa lingua. Ma forse è anche una caratteristica svizzera, nel senso che è pure una lingua nazionale.
Come vi sentite ad essere così giovani e ad avere già un disco a vostro nome?
Innanzitutto riuscire a realizzare un disco esprimendo noi stessi è una liberazione, è pura medicina. Avere la possibilità di essere ascoltati e magari capiti a quest’età ci rende veramente felici.
È stata indubbiamente una bella tappa, ma soprattutto ci piace pensare che sia un nuovo inizio, un punto di partenza.
Per un gruppo così giovane è stato facile realizzarlo? Com’è stata l’esperienza?
Ci sono voluti quasi 2 anni di preparazione a monte, è stato un lavoro a tappe. Siamo stati determinati a non cedere, anche quando la pandemia ci ha reso le cose più difficili. Il progetto “Noise in Myself” era ed è tutt’ora una salvezza.
Le registrazioni in studio non sono state semplici (novembre-dicembre 2021); sapevamo già della partenza del bassista Gabriele Palmeri e la tensione era più che palpabile. Abbiamo registrato le parti individualmente, partendo naturalmente dalla sessione ritmica. Una maniera di procedere che richiede giocoforza una fiducia reciproca che è venuta a mancare proprio nel momento più delicato. Oltre a ciò, per noi era tutto nuovo, abbiamo dovuto imparare direttamente in studio. In questo senso, il titolare dell’Heaven Recording Studio, Roberto Colombo, è stato paziente ed estremamente disponibile.
Superata la sessione del basso, le emozioni si sono fatte decisamente diverse ed intense. Sentire per la prima volta la voce di Martina ci è costata diversi pacchetti di fazzoletti, così come le parti assemblate e mixate. Vedere realizzarsi un sogno in così pochi giorni è stata un’emozione indescrivibile, resterà per sempre dentro di noi. L’album ci pare di buon livello, ne siamo soddisfatti.
Di seguito potete ascoltare il brano ‘Touching the Bottom of the Ocean’, estratto dall’album ‘Noise in My Self’.
I Noise In Myself sono Enea Maina e Leon Sürder alle chitarre, Martina Pedrotti alla voce, Damiano Palmeri alla batteria e Fede M al basso. Potete seguirli su Facebook.