Thrash Fest 2011 @ Bologna: il report dell’evento!

Thrash Fest 2011 @ Bologna: il report dell’evento!

Comincia e finisce un lungo viaggio, l’ennesimo che mi impongo per vedere un concerto che merita: questa è la volta di Exodus (che avevo già visto a Manduria anni fa) uniti a Destruction, Sepultura, Mortal Sin e Heathen (mai visti dal vivo). Tutte band che annovero tra le mie preferenze personali, portatrici di un thrash metal di stampo piuttosto tradizionale che conferma una verità piuttosto scomoda: non è vero che l’innovazione sia sempre e comunque desiderabile, e non è vero che rimanere uguali a se stessi in vent’anni sia un Male assoluto come certa critica tende a ritenere.Due parole introduttive sulla location e sull’affluenza: era la prima volta che andavo all’Estragon di Bologna, il posto mi è piaciuto tantissimo anche se presenta qualche limite di capienza. Poco male, per una volta, dato che ho potuto godermi il festival praticamente da qualsiasi punto disponibile e questa, secondo me, è già una gran cosa di suo: poter vedere gli artisti a pochi metri distinguendo i vari strumenti e senza alcuna calca addosso è, secondo me, un piccolo “lusso” che andrebbe ripreso ogni tanto, al posto dei soliti mega-festival in cui riesci a malapena a capire chi ci sia sul palco in quel momento. La presenza di pubblico, invece, mi è sembrata inferiore come numero alle aspettative: del resto l’evento era riservato, per la maggioranza dei presenti, ai fan della band di Gary Holt, che evidentemente in Italia non è una band troppo seguita (vedi esibizione in Puglia di qualche anno fa con meno di 50 persone). La cosa mi sembrerebbe piuttosto pazzoide, se verificata, dato che in molti si lamentano della scarsezza di band “old school“, salvo poi snobbare clamorosamente Rob Dukes (Exodus attuali) e Lee Altus (Heathen), presentandosi invece in massa ai concerti di James Hetfield. Comunque stiano le cose, devo dire che si è trattato di un grandissimo evento, e lo dico senza timori di esagerazioni.

I Mortal Sin partono in Australia dall’album Mayhemic Destruction (1986), band che prima del 14 dicembre non conoscevo, e che incarna alla perfezione l’attitudine “raw & wild” del thrash metal delle origini: quello sano, compatto e senza fronzoli che quasi tre decenni fa ebbe tra le sue punte di diamante in Reign in blood e The ultra violence. Il gruppo di Mat Maurer si presenta convintissimo, possente e con gli ottimi suoni che caratterizzeranno, per la verità, l’intera serata (con l’unica pecca – stranamente – dell’esibizione di Holt e soci, almeno per quello che ho percepito io).

Poco dopo è la volta degli Heathen, una band di culto della Bay Area, di impostazione molto aggressiva e leggermente più improntata ai riff ed ai solo tecnici. I brani, come preannunciato, seguono i brani dei celebri album Victims of deception e Breaking the silence: l’esibizione si chiude sulle note epiche di Death by hanging, il cui ritornello ha risuonato abbondantemente nella testa dei presenti anche dopo la fine di questa seconda parte del festival.

I tre tedesconi Mike Sifringer, Schmier e Vaaver propongono una delle migliori esibizioni che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, quantomeno a livello di band thrash e ad esclusione degli Slayer: i Destruction dal vivo ci fanno ascoltare “semplicemente” Infernal Overkill e Sentence of death (più il primo del terzo CD, Eternal Devastation), e tanto basta per lasciarci in estasi. Esibizione rocciosa, impeccabile  e con picchi di impatto con Antichrist, Thrash Attack, Bestial Invasion e la conclusiva Curse of the gods. Tra l’altro apprendiamo che Marcel Schirmer ha imparato rapidamente a bestemmiare in italiano, e mentre il pubblico prende esempio sulla falsariga di un coretto da stadio mi vengono in mente per alcuni istanti i Koza Noztra, censurati proprio per irriverenza verso la religione in un loro brano. Questo è tutto, i Destruction hanno letteralmente demolito l’Estragon, e molto probabilmente sono stati la migliore band della serata: punto.

Sui Sepultura, band storica a cui mi sento legatissimo per il fatto che è stata quasi certamente la prima band estrema che ho avuto in musicassetta (assieme al CD di Covenant dei Morbid Angel), mi duole raccontare che la formazione attuale propone un sound molto diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Sebbene i momenti suggestivi siano stati davvero considerevoli (soprattutto gli spunti tribali di Kaiowa e di We who are not as others), e nonostante che il nuovo cantante non mi dispiaccia affatto, l’impatto musicale è completamente diverso dal passato, e pezzi come quelli tratti da Arise e Beneath the remains sono risultati non dico sottotono ma, quantomeno, inferiori alle aspettative. Un suono un po’ atipico, modernizzato, e non esito a riconoscere che il cantato di Cavalera fosse decisamente più adatto; ma tant’è, il tempo passa, ci sono tante band da ascoltare ed è assurdo pretendere che le nostre preferite seguano per forza un certo tipo di percorso. Degli storici Sepultura restano attualmente solo Paulo Jr. e Andreas Kisser, ed il risultato attuale ricorda più pezzi thrash metal coverizzati dai Sick of it all che altro. Questo testimonia la svolta hardcore intrapresa dal gruppo, e se la cosa attrarrà qualche punk di troppo ai loro concerti farà un po’ incazzare tutti gli altri, rimasti inchiodati su Troops of doom (non suonata a Bologna, non a caso) e Policia (che invece mi sarei aspettato). Immancabili, come già fatto in altri momenti del Big Four, l’apparizione collettiva con gli altri musicisti, tra cui lo stesso Gary Holt che ha accompagnato Kisser in uno degli ultimi brani (non ricordo più quale, sorry).

Sugli Exodus, infine, non posso fare a meno di segnalare che hanno suonato quasi tutto il primo disco: ottima scelta, ed avrei preferito qualcosa anche dei più recenti, da me apprezzatissimi, piuttosto che un lavoro relativamente fiacco come “Pleasures of the flesh“. Ma tant’è: Rob Dukes mi sono convinto che sia un frontman immenso, interpreta alla grande tutti i pezzi e non fa rimpiangere, a mio parere, davvero nessuno dei singer precedenti. Complessivamente la ex band di Hammet picchia giù duro, e tutto sarebbe perfetto per l’ora finale di esibizione se non fosse stato per il volume regolato piuttosto male. Troppo alto (e ci sta, in fondo erano tra gli headliner), ma se gli strumenti coprivano la voce significava che, a mio parere, qualcosa andava rivisto nel soundcheck, e anche con una certa urgenza. Indimenticabile e devastante la conclusiva Strike of the beast: gli Exodus sono sani, vivi e vegeti, i suddetti colleghi più o meno pure, e questo era il Thrashfest bolognese del 2011.

Scaletta del festival (ricostruita a memoria e con l’aiuto di fonti non ufficiali)


HEATHEN
Pray for Death
Goblin’s Blade
Open the Grave
Intro / Hypnotized
Opiate of the Masses
Mercy Is No Virtue
Death by Hanging

DESTRUCTION
Total Desaster
Satan’s Vengeance
Mad Butcher
Black Mass / Antichrist / Death Trap
Invincible Force
The Ritual
Thrash Attack
Eternal Ban
Bestial Invasion
Curse the Gods

SEPULTURA
Intro
Beneath The Remains
Territory
Dead Embryonic Cells
Desperate Cry
Refuse/Resist
Amen
Mass Hypnosis
We Who Are Not as Others
Altered State
Infected Voice
Subtraction
Inner Self
Arise

EXODUS
The Last Act of Defiance
Exodus
Fabulous Disaster
Brain Dead
A Lesson In Violence
Chemi-Kill
Pleasures of the Flesh
Piranha
Metal Command
And Then There Were None
Bonded By Blood
The Toxic Waltz
Strike Of The Beast