THE SARCOPHAGUS – Infernal Order of Ancient Times

THE SARCOPHAGUS – Infernal Order of Ancient Times

Il sottotitolo di questo CD, concentrato di sano vecchio black metal, potrebbe essere: vive ancora “Nemesis divina” ed “Enthrone darkness triumphant”, alla faccia di chi vuole per forza industrial metal.

Da non confondersi con altre band con monicker simile, nè tantomeno coi brasiliani Sarcofago, la band che esamino in questa recensione è di Ankara, in Turchia, ed attualmente ha prodotto soltanto un CD nel 2009. Quello presentato qui è stato l’EP uscito prima, nel 2003, che fa parte di una collezione di ascolti che ho avuto modo di fare diversi anni fa e che ho riesumato dopo diverso tempo. Al di là di qualsiasi parvenza del solito brutale black metal con influenze pagane, di chiarissima influenza old-school e capace di reinventare, in parte, i soliti stilemi.

Da un lato gli inserti sinfonici non appesantiscono l’ascolto, e si integrano alla perfezione come in “Servant of Darkness“, forse la migliore di tutto l’EP: d’altro canto il livello della registrazione, piuttosto (e credo volutamente) degradato, farà storcere il naso ai soliti puristi, che pero’ dovrebbero – a mio avviso – fare l’eccezione di provare ad ascoltare questi brani almeno un paio di volte.

“I dwell in ice, I died thousand times”

Se c’è una caratteristica che potrebbe risultare fastidiosa, ad esempio, è un eccessivo timbro monocorde delle ritmiche, sempre oscure e molto serrate ma, di fatto, piuttosto piatte in alcuni punti: senza contare la batteria non brilla certo per fantasia, ciò che rende questo disco interessante è la capacità della band di aver creato un proprio suono, ispirato ovviamente ai grandi classici ma, al tempo stesso, che vive di una propria originalità. Questo potete riscontrarlo, ad esempio, nella suggestiva “Mist of thousand fullmoon“, che richiama quanto fatto usualmente dai Dimmu Borgir della migliore epoca (“Enthrone darkness triumphant“, per intenderci). Il pezzo forte della band, alla fine, non sono tanto le sfuriate in blast-beat quanto le parti sinfoniche innestate sempre con grande arte e mai vuotamente riempitive.