SLAYER – Divine Intervention

Sesto lavoro degli Slayer, da un po’ usciti dalla stagione Season in the abyss e dal successo di quello che stava diventando un vero e proprio classico del genere, dal quale non era facile distaccarsi e tantomeno ripetere. Dave Lombardo lascia temporaneamente posto all’ex Testament Paul Bostaph, ed il suono inizia a virare verso quel mix di hardcore e metal che caratterizzerà la band di Araya da qui in poi.

Meglio, mettiamola così: “Divine intervention” è uno dei dischi che prediligono maggiormente, nella lunga carriera degli Slayer, l’impatto sulla tecnica. Un mix brutale e senza compromessi, ma soprattutto ben staccato dal “già sentito” thrash anni 80 del decennio precedente, particolarmente adatto – a mio umile avviso – come colonna sonora quando si resta imbottigliati nel traffico nell’ora di punta, con 40° all’ombra e senza condizionatore. Perchè l’inferno sulla terra di romeriana memoria arriva letteralmente nel vostro stereo grazie (!) a questo velenosissimo lavoro, che contiene brani per lo più trascurati ingiustamente, quali Fictional Reality (forse il migliore del disco, assieme a Killing Fields), il fragore di Dittohead e le controverse SS-3 e 213. Poco dopo, l’anima punk della band sarebbe uscita fuori spudoratamente nel disco di cover Undisputed attitude, un omaggio all’hardcore più brutale che, in questa sede, emerge in tutta la sua potenza e nel cinismo più marcato.

Non è certamente il miglior disco degli Slayer, dato che molti brani faticano ad entrare nella memoria e molti passaggi sono a volte vagamente prevedibili, ma è sicuramente un lavoro che segna un distacco dal sound precedente e che consideriamo oggi seminale (parolone) per quanto avverrà in seguito.