PINO SCOTTO: cronache e foto dal concerto al Carabattole Love Park 2025

Ci sono persone alle quali perdoni tutto: sorvoli su quello che dice tuo fratello, soprassiedi su quello che fa tuo cugino, insomma, alla famiglia si perdona tutto. O quasi…
Poi ci sono quelle persone alle quali vuoi bene anche se non ci sono vincoli di parentela, ma solo perché apprezzi la persona, la sua sincerità, talvolta volte esce dai binari certo, ma anche se in disaccordo, tutto si risolve con un confronto a viso aperto o al massimo con una risata: ecco, questa persona è Pino Scotto, lo zio di tutti i metallari italiani.
Zio perché ormai ha raggiunto un’età (76 autunni, visto che li compirà ad ottobre) che lo qualifica per diritto come parente stretto, ma un’età che sta a significare quasi 60 anni di appartenenza al rock, a cominciare dal suo inizio con Gli Ebrei, passando dai Pulsar sino ad arrivare ai Vanadium, LA band metal italiana. Può piacere o meno l’articolo determinativo ma ricordatevi che nel 1982, mentre i prime movers della scena tricolore arrancavano ed uscivano grazie al coraggio di piccole etichette, il combo milanese usciva per una major, la Durium, vendendo 8.000 copie arrivando poi in due anni alle quasi 55.000 di Game Over. Terminata l’avventura dei Vanadium non è certo stato con le mani in mano e dal 1992 ha cominciato a sfornare, con cadenza quasi regolare, i suoi album solisti sino ad arrivare all’ultimo The Devil’s Call, uscito il 9 maggio scorso che l’ha portato, ancora una volta, a calcare i palchi dello Stivale.
Ma torniamo all’apertura di articolo, sulla serata del 24 luglio al Carabattole Love Park di Agliana (PT): cosa mai dovremmo perdonare al buon Pino? Da bravo vecchio metallaro che guarda alla sostanza, sono fedele alla regola non scritta che se non puoi replicare live quanto fatto in studio, evita di farlo durante le registrazioni; però in molti utilizzano basi ed allora ecco che posso sorvolare che durante il live, si sentano tastiere e controcanti che comunque non tolgono l’irruenza e la carica del quartetto che attacca con No Fear No Shame seguita da Rock’n’Roll Core dedicata al compianto Ozzy, e da The Eagle Scream. La situazione è atipica rispetto ai concerti rock, qua al Carabattole Love Park ci sono le sedie, c’è chi cerca solo fresco dopo una giornata di sole, molti dei presenti hanno un’età vicina a chi canta sul palco e non sanno chi sia, però Pino ce la mette tutta, cercando di far alzare i culi dalla comoda seduta aiutato anche dall’entusiasmo di chi invece è presente per una sera di sano hard rock/metal.
I pezzi sono un giusto equilibrio tra passato e presente, il cantante instaura da subito un’alchimia con chi ascolta: come in TV ce n’è per tutti e non risparmia nessuno, dai politici ai discografici, dai musicisti allo stalker che per un paio d’anni lo ha molestato, ogni canzone ha una sua introduzione come ad esempio Catch 22 ispirato al romanzo del 1961 di Joseph Heller, dove il cantante si scaglia contro l’inutilità dei conflitti, capaci solo di fare decine di migliaia di morti civili e i politici che si scoprono pacifisti…
“Vi piace il blues?” chiede Pino. E parte il giro di A Time for War, una traccia dove la voce roca del cantante si trova molto più a suo agio, come ben dimostrato nelle 11 tracce di Devil’s Call, un disco molto più blues e southern di quanto mai inciso prima, voce che caratterizza anche la successiva True Friend, primo singolo del disco in promozione che ci ricorda, anche grazie alle parole dell’autore, quanto sia importante avere un amico vero, una spalla a cui appoggiarsi quando tutto va a rotoli e quanto sia necessario fare lo stesso per chi si ama. Dopo la ballata c’è spazio per Steve, chitarrista della band che si prende la scena con un assolo di chitarra, con tanto di inserimento di Crazy Train del Madman, sino ad arrivare al primo tuffo al cuore – almeno per chi scrive – con il riff di Streets of Danger, unico inedito del live album dei Vanadium, tra l’altro primo disco live di una band italiana; dopo un paio di pezzi, Eye For an Eye e Don’t Waste You Time dai due dischi in studio precedenti, arriva anche il momento di gloria per la sezione ritmica, Gianantonio al basso e Luca alla batteria che dopo i minuti messi a loro disposizione preparano l’ingresso per quella che sarà la volata finale.
A questo punto la richiesta di Pino Scotto fatta ad inizio concerto è esaudita e sotto palco finalmente si vedono pugni chiusi e headbanging accompagnare il riff di Morta è la Città che velocemente ci porta ad una tellurica chiusura – e al secondo tuffo al cuore per il sottoscritto – con Get Up Shake Up dal secondo album dei Vanadium Race With the Devil.
Dopo 90 minuti il gruppo lascia il palco ma, come nella migliore tradizione dell’underground, resta a disposizione dei fans sino a quando l’ultimo di loro non ha ricevuto una stretta di mano o scattato una foto.
Personaggio scomodo, sincero, guascone… insomma le caratteristiche del rock’n’roll sono perfettamente incarnate in questo non più giovane signore che ha ancora voglia di sbattersi su quattro assi e di insegnare come fare musica.
“Don’t teach your granny how to suck eggs” dicevano i Venom…
Articolo: Luca Guiotto / Foto: Marcello Dubla

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