Jeff: postmortem

Jeff: postmortem

Jeff Hanneman: 1964, 2013.
Era una afosissima giornata pre-estiva del 2008 – qualche tempo prima che uscisse “World painted blood” – quando vidi suonare gli Slayer, per la seconda volta in vita mia, durante uno dei migliori Gods of Metal mai organizzati.
In quel di Bologna, arena Parco Nord, in ordine sparso ebbi l’occasione di ascoltare Iron Maiden, At the gates, Judas Priest, Testament e Morbid Angel, di conoscere un po’ di gente musicalmente integra, di spalmarmi sotto il sole a colpi di bionde medie per poi precipitarmi, al momento del loro arrivo e senza un minimo di prudenza, sotto il palco, calpestato allegramente dalla folla fin dall’introduttiva “Darkness of Christ“. Solo per vedere da vicino Araya, Hanneman, King e Lombardo.
Slayer: una delle band più importanti di tutto il thrash metal e, per estensione, della scena musicale in toto. Ricevo la notizia della morte di Jeff Hanneman ieri notte al mio rientro, e dopo un dispiacere difficile da frenare penso subito agli idioti che lo accusarono a casaccio di nazismo – gli stessi che ora lo piangono su Facebook, e che probabilmente neanche sanno che nei live da circa due anni suonava Gary Holt degli Exodus al posto suo. Penso a tutte le band che oggi lo ricordano postando foto dell’epoca. Penso ai punk che hanno ricordato la sua dipartita evocando, in modo direi sacrosanto, gli adesivi dei Dead Kennedys sulla sua chitarra. Penso anche che, sul momento, devo essermi detto: “no… non è quel Jeff, vero?“.
Penso, infine, ed è il mio modo di ricordarlo, che è molto raro trovare un musicista capace di contribuire così tanto alla produzione di una band, o anche solo di comporre “Raining Blood”, “War Ensemble”, “South of Heaven”, “Seasons in the Abyss” o “Angel of Death”, cavalli di battaglia dal vivo ancora oggi scolpiti negli annali della musica. Senza dimenticare Ghosts of war, Postmortem oppure la seminale Evil has no boundaries (il male é spesso più infido, subdolo ed inatteso di quel ragno che morse Hanneman due anni fa, costringendolo di fatto a congelare la propria attività).
Vi risparmio ulteriori spiegoni sul “come & perchè“, sui dischi più importanti, sulla loro intensa attività live e sul fatto che si tratti di una delle migliori band che abbia mai sentito suonare dal vivo. E preferisco evocare, piuttosto, il pezzo che preferisco in assoluto della loro produzione: Reborn.
 

Incantation spell gone by
I will live again
My deals will made eternally
I signed the book in red
My rage will be unleashed again
Burning the next morn
Death means nothing there is no end
I will be reborn (1986)