Intervista con Dan Presland (NE OBLIVISCARIS)

Intervista con Dan Presland (NE OBLIVISCARIS)

Eleganza e maestria. Così si potrebbe descrivere brevemente la proposta musicale dei Ne Obliviscaris, combo australiano che, nel corso degli ultimi anni, è riuscito a catalizzare su di sé un’attenzione mediatica meritata e a farsi conoscere al di fuori del paese natio (l’Australia) grazie ad un mix che combina un’aggressività marcata e la delicatezza di atmosfere più ariose. Un melting pot congeniato che affascina e mantiene viva l’attenzione dell’ascoltatore.

In occasione dell’unica data italiana della band, tenutasi lo scorso 22 aprile al Dagda Club di Retorbido (Pavia), Suoni Distorti Magazine ha avuto l’occasione di scambiare una piacevolissima chiacchierata con Dan Presland, batterista dell’ensemble, che così si è raccontato ai nostri microfoni.

[interview available also in English from the video below]

Dan Presland (Ne Obliviscaris). Photo by Fabry C. / Suoni Distorti Magazine

Ciao Dan e benvenuto su Suoni Distorti. Come vedi, oggi è presente anche lo staff qui con noi! Siamo lieti di averti di nuovo qui in Italia. Come stai?

Sto bene, sto da dio! Finora ci stiamo divertendo, è bello tornare in Italia. Abbiamo sempre avuto una grande accoglienza qui, quindi è bello tornare da voi!

Se non erro, questa è la seconda volta che i Ne Obliviscaris tornano nel nostro paese in meno di un anno. Se non ricordo male, l’ultima volta avete suonato a Ravenna.

Credo che quel live sia capitato circa 18 mesi fa?

Ricordavo meno di un anno fa, più o meno… Ad ogni modo, come ti senti ad essere di nuovo in Italia?

È fantastico. È sempre bello essere qui. Abbiamo sempre un’ottima accoglienza, fan appassionati, grandissimi riscontri da parte del pubblico. È divertente, lo è sempre, sì!

L’ultimo album che la band ha pubblicato, ‘Urn’, ha ottenuto un sacco di successo e moltissimi riscontri sia dai fans che dalla stampa. Quale tipo di valutazione potresti fare del disco dopo così tanto tempo, dal momento in cui ha avuto un’ottima accoglienza?

Questa volta abbiamo utilizzato metodi diversi per la scrittura del disco. Penso che si senta anche che abbiamo approcciato un diverso tipo di suono e un mix differente. Ci siamo affidati a Mark Lewis, piuttosto che mandare tutto a Jens Bogren in Scandinavia o in America Latina. Complessivamente, questa scelta ha presentato una grossa differenza nel sound. Anche il modo in cui abbiamo scelto di comporre il disco è differente, è piuttosto interessante se si pensa a come è andata la cosa, poiché alcuni brani sono stati composti in pochissimi giorni e ci ha visti tutti collaborare insieme; altre, invece, hanno richiesto alcuni mesi per la stesura, per dare una sistematina…

Condivisione di file…

Sì, sostanzialmente sì. Siamo molto entusiasti del risultato finale, era l’album che volevamo avere, per cui siamo altresì contenti che piaccia anche alla gente!

Dato che hai menzionato uno dei produttori che più stimo, Jens Bogren, cosa puoi dirci in merito all’esperienza che avete condiviso con questo fantastico produttore?

Lui ovviamente è incredibile in ciò che fa, è molto, molto bravo! Credo che abbia fatto un lavoro eccezionale con i nostri primi due album, specialmente considerando che eravamo una band nuova e che lui ha a che fare spesso con band dal sound estremo. Ha fatto un lavoro fantastico, è stato in grado di farsi sentire ed è stato facile lavorare con lui. È un vero professionista e molto alla mano, è stato molto facile e gradevole!

Parlando dei Ne Obliviscaris, possiamo dire che la band è riuscita a distinguersi dalla massa in questi ultimi 10 anni grazie ad un sound molto caratteristico: ad esempio, avete introdotto il violino, cosa molto particolare. Diciamo che vi distinguete, per l’appunto, dalle metal band tradizionali, quelle a cui ci hanno abituato nel corso del tempo. Mi piacerebbe chiederti qualcosa in merito alla nascita della band: come nascono i Ne Obliviscaris e da cosa nasce l’idea di questo mix che utilizzate nella vostra musica?

Xen, il cantante, ha formato il gruppo e sin dagli inizi voleva fortemente inserire degli strumenti a corde, che fosse un violino o addirittura un violoncello. È accaduto che incontrò Tim, lui suonava il violino e si sono trovati a condividere le stesse idee, gli stessi gusti. È nato tutto da lì, fondamentalmente… Di conseguenza, il violino è stato introdotto sin dal primo giorno e ci è piaciuta molto questa “aggiunta”. È una cosa diversa, molto divertente da presentare dal vivo, crea dinamiche e textures interessanti nella musica che risultano essere molto divertenti da suonare. A noi piace molto l’utilizzo delle corde nella nostra musica, è molto interessante!

Ne Obliviscaris live 2018. Photo credits: Fabry C. / Suoni Distorti Magazine

Come hai detto, questo tipo di sound è, in qualche modo, piuttosto esemplare, dato l’utilizzo del violino nella vostra proposta musicale. Dato che vi distinguete, come dicevo prima, dal metal tradizionale, quale tipo di approccio utilizzate per la composizione dei vostri brani?

A volte è facile, altre volte, invece, alcuni dei membri si ritrovano assieme e scrivono una grossa fetta delle canzoni, presentandole successivamente alla band in modo tale che tutti possano dare il proprio input, aggiungere qualcosa, rimuovere alcune cose. Altre volte ci ritroviamo tutti quanti in sala prove dove, poi, accade qualcosa; altre ancora ci scambiamo email e ci mandiamo dei riff, delle idee o addirittura delle parti di batteria.

Una cosa che mi piace molto è quando la band si ritrova sulle stesse cose, ad esempio noi non portiamo a termine i brani o decidiamo di registrare qualcosa fino a che tutti quanti non siano contenti del risultato. Noi facciamo musica che ci piace comporre e suonare, per cui ci sarà sempre qualcosa da togliere o modificare per far sì che tutti siano contenti del prodotto finale. Sostanzialmente facciamo tutto online, scambiandoci musica con tutti quanti, per confrontarci sulle rispettive idee, a meno che non sia in tour dove la situazione è più ardua, poiché non siamo tutti nello stesso posto. È un processo interessante e che piace praticamente a tutti.

Parlando, invece, dei testi, da dove traete l’ispirazione per comporre i vostri pezzi?

A Xen piace scrivere in un modo che è abbastanza atipica e che in qualche modo rapisca l’ascoltatore…

È un ragazzo esemplare!

Sì. Se gli chiedi, dato che lui si occupa della scrittura di tutti i testi, ti dirà che lui trae ispirazione da esperienze di vita, da cose astratte o qualcosa che lui stesso ha vissuto nella propria vita. Fornisce una libera interpretazione, per cui lui scrive testi con concetti molto particolari o idee molto chiare. Se leggi i testi e ascolti la musica e riesci a prendere qualcosa da essi, hai colto il punto. È sostanzialmente questo!

So che potrebbe sembrare una domanda trabocchetto, ma quanto di voi stessi mettete nella scrittura dei brani?

Credo sia la cosa più importante, poiché è la cosa che tentiamo di fare nel miglior modo possibile, ovvero cercare di essere noi stessi. Lo strumento che suoniamo è solo un’estensione del tuo essere interiore, quindi cerchiamo di essere noi stessi e scrivere musica che ci piaccia, che ci faccia divertire mentre la suoniamo.

Essere se stessi è un fattore molto rilevante, cerchiamo di non rientrare in nessuna categorizzazione, cerchiamo di essere una death metal band senza però risultare black o altro. Qualsiasi cosa succeda, succeda! Questa è una cosa molto importante per la band!

Per favore correggimi se sto per dire delle cose non vere. Se non erro, una delle vostre canzoni è stata utilizzata durante una lezione che si è tenuta presso un conservatorio di musica. È una cosa molto particolare per una metal band oggi giorno. Come vi sentite ad aver raggiunto un obiettivo simile?

È una cosa che ci ha resi molto più umili, è stato piuttosto interessante quando lo abbiamo scoperto, è fantastico sapere di essere stati studiati per finire su un curriculum. Ci ha resi più umili, non sono ancora sicuro di sapere cosa pensare a riguardo. Riesco ad immaginare un gruppo di studenti insieme ad un professore mentre analizzano un pezzo heavy metal e robe simili. Credo che il pezzo che hanno proposto sia “And Plague Flowers The Kaleidoscope”, presenta un sacco di dinamiche e molti ritmi che si susseguono. Penso che visto da un punto di vista teorico, sarebbe un qualcosa di interessante da studiare. È una cosa gratificante!

Questo aneddoto mi ha ricordato i Sabaton. Sai, i loro brani vengono studiati durante le lezioni di storia… per cui mi ha ricordato un po’ questo!

Sì. Ci ha resi molto umili.

Parlando, invece, di tour, oggi ci troviamo a Pavia e al momento state condividendo il palco con un ragazzo italiano. Ti andrebbe di condividere qualcosa in merito, dato che, come dicevo, qui tutti noi lo conosciamo poiché è il bassista di una nota band italiana, gli Ancient Bards?

È divertente, non potevamo chiedere di meglio. Ha una personalità fantastica, è un ragazzo molto spiritoso, è un bassista eccellente, un bravissimo musicista!

Molto umile!

Sì, molto! Si è adattato molto bene alla band, all’intero gruppo, facciamo un sacco di tour e per noi è molto importante che tutti quanti riescano a comprendersi, a capirsi. È entrato in fretta nella band e si è adattato molto velocemente, non potrò mai dire abbastanza cose positive su di lui. È davvero un’ottima persona!

Ne Obliviscaris – Urn (album 2017)

Parlando di concerti, ho avuto l’occasione di vedervi dal vivo un paio di anni fa, quando avete avuto modo di supportare i Cradle Of Filth, una delle mie band preferite, per giunta! Quando vi ho visti sul palco, sono rimasta piuttosto esterrefatta e mi sono detta “Wow! Questa band spacca”. Vedervi dal vivo è come vivere una sorta di esperienza spirituale, mistica… Immaginiamo che una persona non vi abbia mai visti dal vivo ma vorrebbe vedervi, che cosa dovrebbe aspettarsi dal vostro show?

A noi piace molto l’elemento live della nostra musica, che sia limitata alla registrazione o alla parte del concerto dal vivo, è un qualcosa che ci piace molto. Per noi portare questo elemento registrato nel nostro live scenario è un aspetto molto importante e cerchiamo di replicarlo nel miglior modo possibile. Suonare tutto quanto mantenendo livelli molto alti e dare molta energia, quando suoni molto e suoni tante canzoni, possono cambiare alcune cose, così come capita che anche in un disco possano essere cambiati alcuni dettagli…

Cerchiamo di dare molto più impatto durante un live show! A coloro che non ci hanno mai sentiti o visti dal vivo prima d’ora, mi verrebbe da dire che la performance live sia molto più potente di una registrazione su disco, perché tutti quanti sono più appassionati in merito al fatto di poter eseguire dal vivo la musica. Credo che definirci una sorta di “esperienza spirituale” sia un qualcosa che ci rende ancora più umili, poiché mettiamo noi stessi, totalmente, nella nostra musica e trasmettere questo messaggio dal vivo è un qualcosa di interessante, di figo!

Come dicevo poco fa, all’inizio della nostra chiacchierata, avete avuto diverse occasioni di venire a suonare in Italia. C’è un ricordo al quale ti senti legato o che vorresti condividere con noi in merito al pubblico italiano?

Una cosa che mi ha molto colpito è vedere quanto siano entusiasti e appassionati i fan italiani, sono entusiasti quando noi impacchettiamo la nostra attrezzatura, i nostri strumenti alla fine del nostro concerto, lo sono quando ci chiedono di fare foto o firmare autografi o di uscire insieme a loro. Anche noi siamo molto aperti a questo tipo di cose, è sempre molto bello vedere quando alla gente piace il tuo show tanto da vederli ballare o comunque godersi il momento. È altresì bello vedere quando vogliono comunicare con noi, sebbene vi siano sempre quelle barriere linguistiche che rendono un po’ difficile la cosa ma ti fa apprezzare maggiormente il tuo lavoro, ciò che fai. È super figo ed è per questa ragione che noi siamo qui. La gente italiana ama ciò che facciamo, per cui siamo estremamente grati di tutto questo!

Come detto, ‘Urn’ è uscito lo scorso anno. Come colleghi questo album alla vostra crescita musicale, dal momento in cui i Ne Obliviscaris si sono sempre evoluti di album in album?

Credo che “Urn” sia l’album che tutti quanti noi volevamo fare in quel periodo, non avevamo stabilito un obiettivo o un raggiungimento ma bensì abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo dato un’occhiata alle demo. Abbiamo pensato a cosa poter fare per intraprendere la giusta direzione, cercando di capire se stavamo facendo qualcosa di buono per il disco.

Penso che sia un’ottima rappresentazione di ciò che sentivamo e di ciò che eravamo in quel periodo, ovvero circa due anni e mezzo fa. Siamo molto contenti ed orgogliosi di questo lavoro, credo che il prossimo album sarà completamente diverso. Sono molto entusiasta di vedere che cosa accadrà con il prossimo disco. Abbiamo già iniziato a scrivere e a comporre qualcosa. Vedremo che cosa accadrà…

Al momento che cosa bolle in pentola per i Ne Obliviscaris?

Continueremo ad essere in tour per promuovere ancora un po’ “Urn”. Scriviamo musica ogni qualvolta ce ne fosse la possibilità: ad esempio, durante un day off di questo tour potrebbe capitare di sentirci ispirati nel comporre un riff e cose simili. I prossimi 12 mesi, se non di più, ci vedranno coinvolti nella stesura di qualche brano, qua e là. Non ci siamo prefissati un obiettivo o cose simili, vedremo cosa accadrà, dopodiché ci chiuderemo in studio, qualunque cosa sia…

Questa era la mia ultima domanda. Ti ringrazio per averci concesso il tuo tempo dedicandoci questo spazio! Come da tradizione, spetta all’intervistato concludere la chiacchierata con le proprie parole finali, per cui a te la parola!

Grazie mille per avermi ospitato, vi sono molto grato per quest’esperienza. Un grazie mille lo rivolgo ai fan italiani, siete sempre così buoni con noi. Grazie mille!

(Interview available in English from the video below!)

A cura di Arianna Govoni
Riprese di Luca Truzzo
Foto di Fabry C.