Intervista ai Diplomatics!

Intervista ai Diplomatics!

Oggi abbiamo il piacere di poter fare una gradevolissima chiacchierata con i Diplomatics, band punk rock dal nord est italico attiva dal 2012. Di recente Indiemood ha pubblicato il debut album della band, ‘Don’t be scared, here are the Diplomatics’ (già da noi recensito), che ha portato ai Diplomatics ottimi responsi un po’ da ogni parte e riscuotendo anche molti consensi in sede live.

Dopo aver ascoltato con gran piacere il disco della band abbiamo voluto conoscerli meglio ma soprattutto farveli conoscere più da vicino. Cari lettori ecco i Diplomatics!

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Ciao ragazzi, benvenuti su Suoni Distorti Magazine. Inizierei chiedendovi di presentare i Diplomatics a chi ancora non vi conosce tra i nostri lettori.

Ciao a tutti. I Diplomatics sono una band composta da 5 componenti: Mase al basso, Niccolò alla batteria, Daniel alla voce, Set e Manu alle chitarre. Oltre ad essere una band siamo degli amici che condividono esperienze e idee, siamo quasi una famiglia.

Dal punto di vista musicale suoniamo quello che ci piace, attingendo alle nostre influenze: dal punk 70’s, al blues, al glam rock, insomma tutto quello che ascoltiamo ogni giorno.

Siete attivi dal 2012, avete pubblicato un 7″ in vinile con due singoli l’anno successivo e lo scorso Novembre siete usciti con il vostro primo album. Ad oggi che riscontri state avendo dal pubblico per quanto riguarda i vostri pezzi?

I riscontri sono ottimi. Ogni concerto che facciamo incrementiamo il numero di persone presenti e i nostri fans aumentano. Devo dire che il nostro ultimo disco è molto apprezzato e sto osservando un interesse che pensavo defunto per il rock’n’roll suonato come si deve, ossia con un approccio molto street e lo-fi pur mantenendo un buon gusto e un buon stile.

Non mi aspettavo che ci fosse ancora gente interessata al rock, al punk e al glam; guardandomi intorno e vedendo quali band ora fanno tour importanti davanti a tante persone pensavo che la popolazione rock’n’roll in Italia fosse morta. Forse i Giuda hanno svegliato la massa italiana che era addormentata.

Concentrandoci sul nuovo album, ‘Don’t be scared, here are the Diplomatics’, mi raccontate come sono nate le canzoni che le compongono? Chi di voi scrive i testi e da cosa viene tratta l’ispirazione o l’idea che vi è racchiusa?

“Don’t be scared, here are the Diplomatics” racchiude gli sforzi di più di un anno di session. Le canzoni al suo interno sono quindi eterogenee e non c’è un’unica mente che le ha composte. Addirittura due pezzi sono nati con un batterista e un chitarrista che ora non sono più nella band.

Il nostro modo di comporre prevede che ognuno metta il proprio contributo e pure per i testi non c’è un unico scrittore. Ad esempio il testo di “No heart, no future” l’ha scritto il nostro ex chitarrista mentre “Don’t let me go” è il frutto di un lavoro condiviso tra Set, Daniel e Niccolò.

L’idea generale dell’album è dire al mondo che noi siamo i migliori e che le persone possono trovare in noi una valvola di sfogo nel banale panorama italiano. Non siamo la solita band noiosa che si finge studiata, noi siamo un calcio in culo al pianeta.

Dal punto di vista musicale siete etichettati come band punk rock, ma è obbiettivo che la stessa etichettatura risulti limitativa. Ho riscontrato durante l’ascolto anche molte influenze garage, hard rock vecchio stile, rock’n’roll e alcuni spunti un po’ blueseggianti. Qual è il vostro background musicale che vi ha portati a concepire la musica come la vostra?

Il nostro background è ampio. Non siamo limitati ad un genere o ad una scena. La nostra base di partenza è la New York anni 60-70, il proto-punk dei Dead Boys, Stooges, Tuff Darts, Velvet Underground, New York Dolls, Ramones. Poi dobbiamo un sacco ai Rolling Stones, ai The Faces e a quelle band glam-rock del periodo: Slade, T-rex ecc. Diciamo che noi mescoliamo il blues al rock al punk mantenendo un’attitudine garage.

L’album l’ho trovato “rumoroso” (in senso positivo), molto energetico, pur mantenendo alcuni spunti più riflessivi e ragionati, oltre che con grande verve selvaggia, festaiola e arrogante come il rock’n’roll insegna. Rispecchia quello che siete nella vita o avete voluto creare un “mondo parallelo” alla vostra quotidianità?

Quello che suoniamo è quello che siamo. Non ci siamo costruiti dei mondi paralleli o dei personaggi, ti assicuro che siamo arroganti, festaioli e riflessivi anche nella vita.

Ci tengo a precisare che nonostante il nostro sia un rock di impatto e spesso definibile come festaiolo e selvaggio, chi ascolta bene ci può trovare dei testi non banali e nemmeno dei suoni ignoranti buttati a caso, siamo molto più del classico gruppo da moto raduni. Ecco perché mi piace dire che siamo riflessivi.

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Ad oggi avete condiviso il palco con valide bands come i Buzzcocks ed i Giuda, tra gli altri. Ci sono delle bands in particolare con le quali vi piacerebbe suonare insieme?

Certamente, anche se molte di queste band non esistono più. Ovviamente suonare con i Rolling Stones o con qualcuno di loro sarebbe il top. Poi personalmente mi piacerebbe suonare con i Vintage Trouble e anche con i The Stitches.

In fase di recensione ho definito ‘Don’t be scared, here are the Diplomatics’ un energy drink. Come di tanto in tanto chiedo (in maniera anche un po’ Marzullo style), vorrei che mi assocereste la vostra musica ad un piatto culinario e il motivo della scelta.

Potremmo essere quello che dalle nostre parti si chiama il “panin onto”: hai presente quando alle 5 di mattina sei in giro e hai un disperato bisogno di ingurgitare un cibo qualsiasi purché calorico e gustoso? Noi siamo così, veniamo dalla strada, siamo un mix di ingredienti diversi, siamo quello che ci vuole per dare una sferzata di energia ma dopo averci incontrati potresti accusare un po’ di malessere!

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copertina dell’album

Ho trovato efficace anche l’artwork di copertina, nella sua semplicità. Vi hanno già detto che per molti aspetti ricordate un po’ i Ramones?

Sì, devo ammettere che la copertina ricorda i Ramones. Volevamo fare un artwork in linea con i nostri ascolti e con la nostra attitudine, cosi abbiamo scelto di scattare una foto diretta, senza ritocchi o porcherie, con un rullino analogico.

Dal sound è palese che siete amanti dell’old school, a confermarlo anche la versione di ‘Don’t be scared, here are the Diplomatics’ in vinile, una figata proprio! A chi è venuta l’idea? Lo rifarete?

Il disco è stato registrato all’ Outside Inside Studio di Montebelluna in presa diretta e in analogico, era inevitabile portare tutto su vinile. L’idea è condivisa da tutti i membri della band, nessuno ha mai dubitato di questa scelta fin dall’inizio, e vorremmo proseguire su questa linea.

Volendo fare un po’ di “gossip”, cosa fanno i Diplomatics quando non imbracciano gli strumenti e non calpestano palchi?

I Diplomatics sono dei lavoratori. Tutti noi ci alziamo e andiamo a guadagnarci la pagnotta, c’è chi è impiegato, c’è un operaio, e Daniel ha appena aperto il suo bar che si chiama Groove e ha già iniziato a diventare un punto di ritrovo per gli amanti della buona musica qua in zona.

Diciamo che oltre alla band ognuno ha i propri interessi, i propri amori e i propri amici. Siamo veramente dei normali ragazzi di periferia, inchiodati nel grigio Nord-Est.

A proposito capestare palchi, avete portato a termine delle serate in promozione al disco e, suppongo, altre ne arriveranno. Io sto nel profondo sud, ci sarà modo di vedervi on stage anche da queste parti? Indicateci i vostri prossimi live se già organizzati.

Suoneremo il 20 marzo al pnbox di Pordenone, il 29 all’Osteria al Majo a Piazzola sul Brenta, il 18 aprile all’Etnoblog di Trieste e quasi sicuramente il primo maggio a Catania in occasione del Music Festival. Poi inizieranno i festival estivi e abbiamo già in ballo qualcosa.

Non avendo ancora una vera e propria booking che ci aiuta è difficile per noi organizzare un tour, spero arrivi presto qualcuno a darci una mano, sarebbe ora.

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Qual è un pensiero che vi passa in testa nell’istante prima di salire sul palco e mentre vi siete sopra durante lo show?

Ognuno di noi avrà il proprio pensiero ma penso che quello comune sia di andare sul palco più energici che possiamo e dare sempre il massimo. Anche sul palco il nostro obiettivo è quello di colpire il pubblico al cuore e mandarlo a casa con l’acufene.

Oltre a promuovere l’album avete già idee o avete già qualche nuova composizione in lavorazione? Potete anticiparci qualcosa sulle attività della band?

Ovviamente. Stiamo già componendo l’album nuovo, per ora abbiamo 3 pezzi pronti e ti posso anticipare che queste canzoni sono strepitose; penso che il prossimo disco abbia i presupposti per diventare uno dei migliori dischi del genere mai usciti in Italia.

Siamo al massimo della nostra creatività e abbiamo idee da vendere; ci saranno canzoni in linea con la nostra attitudine punk, canzoni glam rock e blues da farti esplodere e altre più riflessive che potrebbero esser uscite da Lou Reed o dai Beatles. Non vediamo l’ora di registrare il prossimo disco!

Bene, ci avviciniamo in dirittura di arrivo. Non posso che ringraziarvi per la chiacchierata e, al contempo, congratularmi nuovamente per la riuscita di questo vostro bel debut album. Vi auguro una rosea strada pregna di soddisfazioni. Avete tutto lo spazio per concludere con saluti/minacce/dichiarazioni d’amore/sputtanamenti/alto a vostra scelta…

Grazie mille a Suoni Distorti Magazine, è fantastico che sia gente in questo paese che crede ancora nella musica e nella cultura.

Al popolo italiano dico: prendete la cazzo di macchina e andate ai concerti, comprate e ascoltate dischi e pensate con la vostra testa. L’alternativa a rockit siamo noi.

Per seguire i Diplomatics: facebook, bandcamp.

  • Intervista a cura di Francesco “Chiodometallico” Russo