CCC CNC NCN – Suicidio Modo D’uso

CCC CNC NCN – Suicidio Modo D’uso

 

Recensire un’opera del genere mi appare da subito un’impresa titanica. Eppure la valorizzazione di questo particolarissimo tipo di opere, così lontane dall’essere “prodotti” da bancarella o da cordiale-negoziante-che-sa-consigliarti-la-buona-musica, dovrebbe risultare un antidoto letale contro l’omologazione globalizzante che colpisce (ahi-noi spesso) anche il mondo della musica.

“Suicidio modo d’uso” uccide senza rimorso qualsiasi convenzione buonista e presuntuosa sul “deve essere” e “deve suonare” così, esalta l’essenza del rumore in quanto ribellione al ritmo monocorde dell’industria e demolisce qualsiasi buona-idea che vi possa venire in mente. Anarchia fatta musica. E che musica… A cominciare dal titolo, è evidente che non si tratti di un disco per tutti. Anzi, questo è un disco per pochi. Pochissimi, e rigorosamente non-eletti. Non è il jazz da intenditori, o il colto prog che affollava gli stereo anni 70.

Perchè quest’opera inventa una nuova semantica, ibrida il linguaggio che è proprio dell’industrial con spruzzate abbondanti di hardcore nella voce e schitarrate violente che sono proprie del noise-rock, arrivando nel cuore di chiunque abbia la sensibilità necessaria. Turbandolo, forse inaspettatamente, con la semplicità degli orrori invisibili quotidiani: “Le 4 trombe della follia” esprime esattamente questo. CCC CNC NCN è la sigla sotto cui si celano questi eccezionali artisti sonori (e anche visivi: provate a cercare su Youtube), capaci di estrarre dai propri strumenti le angosce metropolitane di una città come Torino. La stessa che spinse Luca Abort a svelare le proprie angosce, la stessa che fece da sfondo alla nascita dei Negazione.

Non trascurabile il fatto che CCC CNC NCN provengono da El Paso, la storica fucina dell’hardcore nostrano. Ed è di quello spirito, lo spirito (sebbene qui contaminato) di chi non si arrende alla logica dominante, quello che risaputamente continua dai tempi di Zazzo (dei Negazione), che è impregnato “Suicidio modo d’uso”. Una provocazione culturale che parte dal titolo, un libro che è stato orrendamente vietato e censurato in più paesi a causa dei contenuti che potete immaginare, i quali sono stati ovviamente travisati come tradizione puritana made in Europe esige. Il disco che riprende le macabre tematiche del libro, ma che per una sorta di contrappasso porta l’ascoltatore vero a considerare il tutto un vero e proprio inno alla vita. Un paradosso industrial come non se ne sentono da anni, ormai.

Ogni rumore industriale, come un sussulto che ti assale alle spalle. diventa metafora di una condizione umana sempre più solitaria e disagiata. Sviolinate dissonanti, vibrazioni di corde distorte, urla dissonanti: organi umani e meccanici che sussultano melodie stonate di paranoie metropolitane. Vengono in mente gli Einsturzende Neubauten, ovviamente, ma sarebbe limitativo pensare solo a loro: credo che tra le influenze maggiori ci siano in toto vari artisti underground. In particolare a me sono venuti piacevolmente in mente i grandissimi Throbbing Gristle.

Le urla del cantante, poi, prettamente hardcore in un contesto puramente industriale, si esasperano all’ennesima potenza nei live in cui si possono vedere betoniere impasta-cemento, caschi gialli di protezione e lugubri fumi salire su una scena che vive, di fatto, all’interno del pubblico che assiste allo spettacolo. Uno spettacolo vero, lontano dalle forme del business che i nostri dichiarano apertamente di voler uccidere. Una musica che scuote, esalta, agita, sveglia, fa riflettere, e non farà dormire sonni tranquilli ai tanti che vivono, spesso inconsapevolmente, gli incubi psicotici descritti dai testi.

Questo libro che in Francia è stato acquistato da 200.000 persone ha contribuito a sviluppare quel dibattito sull’eutanasia la morte dolce, l’accanimento terapeutico che oggi nonostante i pesanti tentativi censori sta sviluppandosi anche in Italia […] Ma non si fraintenda, questo libro non è un inno alla morte. E’ proprio il contrario. Pensare al suicidio come possibile termine della propria esistenza, è possibile procurarsi una morte dolce è predisporsi alla pratica quotidiana della libertà, è cercare di operare da subito per la piena realizzazione della vita, è tentare di goderne intensamente il suo presente è lottare per poterlo fare.
(NAUTILUS Maggio 1988, Volantino e comunicato stampa distribuito in occasione del dissequestro del libro)