NASHEIM – Solens Vemod

a3882411627_10Nati nella cittadina di Umeå, nel nord della Svezia, nel 2001 arrivano alle nostre orecchie i Nasheim, black metal atmosferico che, nati come un quartetto, sono oramai una one man band del master mind E. Grahn. Assieme a lui viene accreditato anche E. Almroth al violoncello e violino ma si può ben considerare l’intero ‘Solens Vemod’ come frutto del solo lavoro di Grahn nei 6 lunghi anni che hanno separato quest’uscita dalla precedente, uno split  con gli Angantyr ispirato a un poema di Gustaf Fröding.

Dal punto di vista musicale il disco rappresenta un bell’esempio di quel black metal moderno che, abbandonata ogni influenza thrash e ogni volontà di velocità, si fa più riflessivo e atmosferico senza arrivare a poter essere considerato ambient vero e proprio. La durezza del disco è tutta lasciata alla graffiante voce e a una produzione sporca quanto basta, nonché ad una batteria pronta a dar vita a blast beat di stampo anni ‘90. Il resto è melodia, spesso molto ripetitiva ma volta a creare più un susseguirsi di suggestioni che un pezzo musicale vero e proprio. Suggestioni che sono spesso molto malinconiche e quasi opprimenti, lontano da quelle più epiche dei Moonsorrow e anche da quelle aperte e riecheggianti dei Saor. A tratti il disco sembra claustrofobico, opprimente, come se raccontasse un incubo vissuto a più tratti da un immaginario protagonista che possiamo identificare col master mind del gruppo.

Non a caso l’album è così descritto da Grahn:

“Solens vemod” is light like the way the whitish-green mist hovers over Bothnian autumn wood, or like how the melancholy sun shines on a midsummer night, but heavy like loss, grief and despair, like the weight of ages.”

Traduzione: “Solens vemod” è come il modo in cui la nebbia bianco-verde si libra sopra le foresta di Bothnian [Parte del mare fra Finlandia e Svezia, ndr] in autunno o come il sole malinconicamente splende in una notte di mezza estate, ma al contempo è forte come la perdita, il dolore o la disperazione, come il penso dei secoli.” 

Ai momenti atmosferici sopra descritti vengono contrapposti ripetizioni di sfuriate black metal che spezzano definitivamente ogni pezzo in più suggestioni. Da notare come le chitarre, in primo piano nei momenti più atmosferici, vengono coperte dalla batteria e dal resto della parte ritmica della band nelle parti più veloci, contribuendo a spezzare definitivamente ogni pezzo del disco in più parti. Pochissime sono le eccezioni a questa regola e forse la scarsa originalità delle parti più aggressive è uno dei difetti del disco (ma ad allargare il discorso è questo forse uno dei difetti dell’intero genere in cui il disco si va ad inserire). Notevoli quanto molto ben accette alcune influenze dei Windir, quasi citazioni ad esempio negli ultimi minuti di ‘Att av ödets trådar väva sorg’, numero 3 del disco, in cui in particolare è da segnalare al minuto 8.07 un urlo che a mio parere più che una citazione è proprio un omaggio a Valfar e soci.

Come valutare un disco di questo tipo? Di certo non per l’immediatezza né per la facilità d’ascolto. A mio parere un buon metro di giudizio è la riuscita o meno del disco nel dare all’ascoltatore le suggestioni desiderate e a farlo immergere nelle atmosfere a cui il gruppo ha puntato nella scrittura dell’album, tenendo anche presente che ciò non può essere fatto scopiazzando soluzioni qua e là né appesantendo il lavoro fino a renderlo inascoltabile e noioso. Preso questo metro di giudizio allora si può sicuramente considerare il disco un buon lavoro che però non raggiunge le vette dei principali esponenti del genere. Le atmosfere sono azzeccate ma alcune parti troppo ripetitive, segno di una capacità compositiva che sicuramente c’è ma che non entrerà negli annali (o perlomeno non lo fa fino ad ora). Il disco guadagna moltissimo di ascolto in ascolto e quindi ne è consigliato l’ascolto ripetuto per coglierne le numerose sfaccettature, ascolto ripetuto durante il quale tra l’altro il disco mostra buona longevità.

Concludendo, ci troviamo di fronte sicuramente a un buon disco dalle atmosfere molto malinconiche e claustrofobiche che, costruito nell’intento di trasmettere queste sensazioni, riesce nel suo intento, non annoiando e mostrandosi anche longevo. Non esente da difetti, mostra come limite principale la qualità e la scarsa varietà delle parti più aggressive, oltre che una capacità compositiva che, seppur alta, non riesce a raggiungere i livelli di altre band dello stesso filone.

A cura di Federico “Jezolk” Lemma

  • Band: Nasheim
  • Titolo: Solens Vemod
  • Anno: 2014
  • Genere: Atmospheric Black Metal
  • Etichetta: Northern Silence Productions
  • Nazione: Svezia

Tracklist:

  1. En nyckel till drömmars grind
  2. Jag fyller min bägare med tomhet
  3. Att av ödets trådar väva sorg
  4. Vördnad